Welfare in Italia: il 16% del Pil va alle pensioni, ma istruzione e spesa sociale restano indietro rispetto all’Europa – Rapporto 2025
Il nuovo Rapporto “Welfare, Italia” scuote il dibattito pubblico! Nel 2024 la voce pensioni ha inghiottito il 16% del Pil, mentre scuola e politiche sociali arrancano. Il confronto con l’Eurozona appare impietoso.
Spesa previdenziale al 16% del Pil: un primato oneroso
La forbice con la media europea (12,3%) è ormai ampia e stabile. INPS sottolinea che la curva resterà alta fino al 2050, quando l’incidenza dovrebbe attestarsi sul 16% prima di scendere lentamente.
Il combinato disposto di bassa natalità e longevità allunga la lista dei beneficiari. Ogni euro destinato alla previdenza sottrae ossigeno a investimenti strategici, e il sistema contributivo fatica a rigenerarsi.
Pressione demografica e squilibrio generazionale
L’età media supera ormai i 47 anni; i “silver worker” sono più dei neoassunti. Cassa Depositi e Prestiti ha stimato che servirebbero tre milioni di occupati aggiuntivi per riequilibrare il flusso contributivo.
Non basta: il tasso di sostituzione salariale resta generoso e scoraggia la permanenza in servizio. Di qui l’appello dell’Associazione Italiana Welfare a modulare gli assegni sulle aspettative di vita.
Gli economisti parlano di “palingenesi previdenziale”. Senza correzioni, il margine per ridurre il cuneo fiscale resterà evanescente!
Istruzione al 3,9% del Pil: investimento o voce di spesa?
L’Italia destina alla scuola meno di Germania e Francia, ferme rispettivamente al 4,6% e al 5,1%. Il divario penalizza il capitale umano proprio nel decennio in cui l’AI invade i curricula.
Le aule si svuotano di laboratori, mentre la dispersione scolastica risale al 10,5%. BancoPosta e Generali Italia finanziano progetti STEM, ma mancano ancora visione e continuità.
Capitale umano e competitività: la voce delle imprese
Intesa Sanpaolo ha calcolato che ogni punto Pil investito in istruzione genera 1,4 punti di ritorno economico in dieci anni. Unicredit Social Impact Banking concorda: senza competenze digitali l’export soffrirà.
Welfare Company propone borse di studio legate al territorio, modello già sperimentato da Italia Welfare in Emilia-Romagna. Il tessuto industriale chiede docenti formati e percorsi duali robusti.
Modelli nord-europei dimostrano che formazione continua e contratti di apprendistato creano occupazione stabile. L’Italia non può attendere la prossima recessione per agire.
Politiche sociali e sanità: divario in crescita rispetto all’UE
La spesa per inclusione e famiglie si ferma al 4,9% del Pil, lontana dal 7% di Svezia e Olanda. Gli assegni di cura restano frammentati tra Regioni e Comuni, con iter burocratici labirintici.
UniSalute segnala un incremento del 18% nei pagamenti out-of-pocket; così la tutela universale si indebolisce. Generali Italia sperimenta polizze ibride, ma la platea vulnerabile resta scoperta.
L’Europa spinge sui servizi di prossimità; Intesa Sanpaolo finanzia 500 nuove case di comunità, eppure il Mezzogiorno resta scoperto. Senza un coordinamento nazionale, i fondi rischiano di evaporare come rugiada estiva.
Serve un cambio di paradigma: riallocare risorse, premiare l’innovazione e allearsi con il privato sociale. Solo così il welfare italiano potrà tornare virtuoso e inclusivo, evitando di trasformarsi in un costoso dispositivo di retroguardia.
Source: www.orizzontescuola.it
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